La matematica del cervello
Una delle principali aspirazioni delle Neuroscienze è, da sempre, quella di poter comprendere in che modo le informazioni percettive, il pensiero, i ricordi, le emozioni etc. vengano rappresentati a livello cerebrale, ovverosia come tali informazioni siano effettivamente codificate nei termini di patterns di attivazione neuronale. A questo scopo, discipline quali la psicologia, la biologia, la chimica, la fisica, l’informatica e persino la matematica offrono costantemente i propri contributi, in forma di teorie, ricerche, modelli e strumenti, con il fine di poter studiare con sempre maggiore dettaglio le dinamiche dell’attività cerebrale. In questo articolo vedremo in particolare come proprio la matematica, e nello specifico la matematica applicata agli spazi dimensionali, possa essere sfruttata per svelare i segreti più reconditi dell’attività nervosa.
Il cervello è costituito da milioni di cellule eccitabili elettricamente, i neuroni. Ciascuno di essi è in grado di generare un impulso elettrico in risposta ad uno stimolo, il quale si propaga lungo il corpo cellulare – detto assone – grazie ad un fenomeno di polarizzazione e depolarizzazione della membrana cellulare, noto come “potenziale d’azione”. Questo garantisce l’unidirezionalità dello stimolo stesso facendo sì che esso raggiunga efficacemente e nel più breve tempo possibile altri neuroni oppure il ricevente finale del messaggio, la cellula-bersaglio. Quando ciò avviene, si dice che il neurone “scarica”. Tale attività, più nota con il termine inglese “spike”, rappresenta pertanto l’unità fondamentale di comunicazione all’interno del cervello. Dopo la scarica, e per un periodo di tempo specifico per ciascuna tipologia cellulare, il neurone risulta refrattario ad un nuovo impulso, garantendo il ripristino delle condizioni di riposo e dunque la totale disponibilità per processare il passaggio dello stimolo successivo. Quindi, qualsiasi informazione proveniente sia dall’ambiente esterno (ad esempio un suono, un odore, il tocco di una superficie), sia dall’interno del corpo, viene decodificata e rielaborata attraverso l’attività dei neuroni. Di conseguenza la tipologia, le caratteristiche, la velocità di trasmissione dell’impulso e la sua frequenza, la durata del periodo di refrattarietà, nonché la specifica dinamica dei neuroni – e della rete neurale – coinvolta con il processamento di uno specifico input, è ciò che determina la qualità, il contenuto e il destino dell’informazione stessa. Da ciò dipenderà anche buona parte del comportamento stesso dell’individuo nei confronti del proprio ambiente.
Ma in che modo, esattamente, l’informazione viene processata all’interno della rete neurale? Quali dinamiche utilizza il cervello per rispondere in modo appropriato all’input ricevuto?
Per provare a dare una risposta a queste domande, è necessario prima di tutto parametrizzare l’attività della rete neurale stessa. Ed è qui che entra in gioco la matematica.
Fino a pochi anni fa, gli scienziati potevano valutare l’attività elettrica dei neuroni mediante l’introduzione di minuscoli elettrodi nella loro membrana lipidica con il fine di misurare le variazioni del voltaggio nel tempo e determinarne così la reattività ai diversi stimoli e le caratteristiche dell’attività di scarica. Tuttavia, questa tecnica aveva il limite di permettere l’analisi di un numero molto esiguo di neuroni alla volta, rendendo pressoché impossibile valutare il comportamento di una data rete neurale nel suo complesso. Recentemente però, l’introduzione di uno strumento noto come “array a elettrodo multiplo” ha rappresentato un vero e proprio punto di svolta per la ricerca, poiché permette di studiare l’attività di centinaia di neuroni contemporaneamente. Attraverso un sofisticato algoritmo, tutti i dati parametrici misurati con l’array vengono elaborati e rappresentati in un modello grafico tridimensionale, rendendo quindi possibile scoprire il momento esatto in cui ciascun singolo elemento della rete emette il proprio spike durante il processo di trasmissione dell’impulso, consentendo altresì di leggere l’attività complessiva della rete neurale nei termini del cosiddetto “spike-train” (ossia la sequenza di tutti i tempi di attivazione neuronale all’interno di una rete). In sostanza, lo schema temporale di uno spike train permette di estrapolare importanti informazioni sulle funzioni cerebrali. Infatti, nelle diverse aree del cervello i neuroni si organizzano in veri e propri network, all’interno dei quali stabiliscono numerose connessioni reciproche comunicando e influenzandosi a vicenda. Ognuno di essi è parte integrante di un complicato intreccio che, in termini matematici, occupa uno spazio topologico euclideo, dunque rappresentabile graficamente. All’interno di questo spazio virtuale l’attività elettrica di ciascuna cellula nervosa può essere rappresentata come un punto e l’intera nuvola di punti che se ne ottiene dà conto della combinazione delle dinamiche di tutto il sistema. Ciò ovviamente consente anche di manipolare artificialmente le variabili di input simulando uno stimolo specifico e analizzare perciò il comportamento della rete in sua risposta.
In conclusione: grazie all’uso di modelli matematici tridimensionali che sfruttano sofisticate tecnologie di misurazione del potenziale elettrico, i neuroni possono oggi essere studiati non più singolarmente o nei termini di mera attività media inferita dall’osservazione complessiva della rete di cui fanno parte, bensì in quanto vere e proprie popolazioni cellulari distinte, in cui ciascuna singola unità concorre al funzionamento globale del sistema stesso. Come è intuibile, ciò apre la strada non solo ad una più fine comprensione dei meccanismi specifici e dinamici delle reti neurali che costituiscono l’architettura delle diverse regioni cerebrali, ma anche alla possibilità di poter fare inferenze e previsioni sul comportamento delle reti stesse – e dunque dell’intero organismo – in risposta a specifici stimoli esterni. E’ possibile pensare, ad esempio, di poter osservare in questo modo la reazione di certe popolazioni neuronali all’azione di farmaci e sostanze chimiche senza doverle testare direttamente su un organismo vivente, oppure studiare con maggiore dettaglio le dinamiche dell’apprendimento, della memoria, del ragionamento logico e persino della formulazione del pensiero astratto. O ancora, valutare e prevedere l’efficacia della stimolazione sinaptica in seguito ad attività terapeutiche e/o riabilitative di vario genere.
Riferimenti bibliografici
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